La Battaglia per Salvare il Servizio Sanitario Nazionale

Nel marzo del 2013, la Fondazione GIMBE lanciò il programma istituzionale “Salviamo il nostro Servizio Sanitario Nazionale” in un’epoca di grandi tagli sotto il governo tecnico di Mario Monti. Un decennio dopo, la situazione del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) italiano appare critica, con i cittadini che faticano ad esigere il diritto costituzionalmente garantito alla tutela della salute.

Se un giorno avessimo perso il Servizio Sanitario Nazionale, questo non sarebbe stato annunciato dal fragore di una valanga, ma sarebbe stato come il lento ma inesorabile scioglimento di un ghiacciaio attraverso lustri e decenni” ha affermato Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE. I tagli al finanziamento del SSN, soprattutto nel decennio 2010-2019, hanno impoverito le strutture, la tecnologia, l’organizzazione e, soprattutto, il capitale umano.

La Pandemia COVID-19 ha messo ulteriormente a dura prova il personale sanitario, che ha dato prova di abnegazione ma ha subito un contraccolpo di demotivazione e frustrazione nel periodo post-pandemico, spingendo molti professionisti ad abbandonare il SSN per il privato, l’estero o il pensionamento anticipato.

I dati dell’OCSE mostrano che, rispetto alla media europea, l’Italia ha ridotto la spesa sanitaria pubblica pro capite di circa 10 euro nel 2022 rispetto al 2010. Sommando le perdite dal 2010 al 2022, si arriva a una cifra spaventosa di circa 330 miliardi di euro sottratti al SSN. “Qualcuno deve provare a spiegare come si fa a mantenere in vita un servizio sanitario pubblico, pilastro della nostra democrazia e leva di sviluppo economico, con una sottrazione simile di risorse pubbliche” ha affermato Cartabellotta.

Il de-finanziamento ha alimentato le diseguaglianze regionali, con le regioni meridionali ulteriormente indebolite. I Piani di Rientro, volti a riequilibrare i conti delle regioni del Sud, non hanno favorito lo sviluppo organizzativo. La proposta legge sull’Autonomia differenziata, che attribuirebbe maggiori autonomie alle regioni più forti, potrebbe rappresentare “il colpo di grazia” per il SSN e la sanità del Sud.

In questo contesto complesso, i Direttori Generali delle Aziende Sanitarie si trovano a gestire 130 miliardi di euro di spesa pubblica, ma finiscono per dover decidere sulla tutela del diritto alla salute dei cittadini, ad esempio negando prestazioni o farmaci costosi quando i budget sono esauriti, un carico di responsabilità che dovrebbe essere gestito a livello politico.

Il progetto “Grandi Ospedali” ha messo in luce il potenziale della tecnologia, come la telemedicina e l’intelligenza artificiale, per rivoluzionare l’organizzazione sanitaria. Tuttavia, queste innovazioni spesso si scontrano con regole obsolete risalenti agli anni ’90, dimostrando la necessità di una riforma complessiva del SSN.

Secondo Cartabellotta, la sanità si trova a un momento di svolta cruciale, richiedendo un “grande patto politico e sociale” che riconosca il SSN come pilastro della democrazia, strumento di coesione sociale e leva di sviluppo economico. Questo patto deve coinvolgere tutte le forze politiche, indipendentemente dalle ideologie, e richiedere anche un impegno da parte dei cittadini per un uso appropriato delle risorse pubbliche e dei professionisti sanitari per preservare il bene comune.

La Fondazione GIMBE continua le sue battaglie con il Piano di Rilancio del SSN e la Rete Civica “Salviamo SSN”, coinvolgendo le Aziende Sanitarie pubbliche e le forze sociali per sensibilizzare sul valore pubblico del Servizio Sanitario Nazionale e cercare di rilanciare questo patrimonio della democrazia italiana.